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Nightclubbing #20 – Enrico Palazzo, l’eroica

By marzo 28, 2021 No Comments

Il monte dei cocci o monte Testaccio, un luogo amatissimo dai romani, costituisce parte fondante della mitologia popolare che racconta il celebre, omonimo, rione capitolino. Quello che viene chiamato monte è, in realtà, una collinetta artificiale, formatasi grazie al sedimentarsi di strati su strati di cocci di vasellame, gettati, sin dal tempo di Augusto, dal vicino porto commerciale sul Tevere, fino a formare una discarica, che, col passare dei secoli, si è nobilitata quale spazio archeologicamente celebre, nonché, per qualcuno, metafora atta a rappresentare quel mutamento di paradigma che ha attraversato il modo di raccontare le nostre vite.

Come i cocci non rappresentano il cavalcare puntuale di un certo zeitgeist, ma esprimono l’oltrepassare performativo di narrazioni, che plasmano lo spirito del tempo, sedimentandosi un pezzo sopra l’altro, collidendo, oltrepassando limiti imposti da forme apparenti, così noi siamo ibridi, volenti o nolenti, esseri pienamente intersezionali, consapevoli, chi più chi meno, di essere positivamente contaminati da tanti spazi, da tanti fatti linguistici, che esprimono una sinfonia che è eroica, non perché si imponga sugli altri, ma perché formata con gli altri. Siamo radicalmente tutti soggetti altri, ospiti, travolti da schemi, immagini, narrazioni, a cui non riusciamo più a ridurre i nostri desideri: il desiderio è ciò che non conosce catene.

È così che le nostre vite non possono più essere ridotte a schemi dai contorni ben delineati: le nostre esistenze sembrano più che altro la somma di posizioni inclinate, dove possiamo vivere liberi solo se impariamo a diventare capaci di abbracciare la nostra intrinseca debolezza, trasformandola, in tal modo, in un punto di forza, abbandonando una logica muscolare, per abbracciare ed accogliere ciò che è altro da noi, perché anche noi siamo altro e perché ciò che siamo, giorno dopo giorno, è essere abitati dallo sguardo degli altri.

Enrico Palazzo è nato e cresciuto a Senise, un piccolo comune dell’entroterra lucano “Mi hanno chiamato Enrico in onore di Berlinguer, mia mamma si è sempre interessata ed occupata di politica, mentre mio padre è un imprenditore. Ho avuto un’infanzia divisa fra il giocare per strada con gli amici del paese e le riunioni di partito. Mamma mi ha trasmesso una sete di giustizia scalpitante e lo ha fatto attraverso la sua grande passione per l’impegno civile, che ho sempre ammirato. La politica è vita, mentre l’antipolitica penso sia anti-umana. Alle superiori ho fatto il commerciale, i miei genitori volevano, però, che avessi anche basi di informatica ed inglese, tanto che mi hanno spedito per un periodo a studiare la lingua all’estero, nel frattempo ho preso lezioni di danza con Loredana Calabrese e mi sono appassionato, grazie ad un mio professore, Pasquale Totaro-Ziella, un grande poeta, all’arte ed alla letteratura, un percorso formativo parecchio ibrido insomma. A diciott’anni Senise è cominciata a starmi un po’ stretta, così sono andato a Roma. È un po’ come se fossi scappato, ma non perché ci fosse qualcosa di soffocante a casa, quanto per un mio desiderio di libertà e di spazi più ampi dove esprimermi. In Basilicata ero sempre al centro dell’attenzione: per la mia loquacità, per il mio essere estroverso, a Roma, invece, quando sono arrivato, mi sono sentito all’inizio uno dei tanti e questo ha fatto emergere il desiderio di riprendermi il centro della scena. Si sono attivate delle energie che sembravano nascoste, così ho deciso di seguire la mia inclinazione artistica, iscrivendomi allo IED, al corso di fashion design. Tuttavia, il solo mondo della moda non era sufficiente a contenere tutte le idee che avevo in mente. Da tempo, grazie alla danza, mi ero avvicinato al palcoscenico, è stato perciò istintivo approcciare le performance in drag, che mi hanno dato la possibilità di unire la mia passione per l’estetica, la danza, in un’unica attività che mi dava modo, tra l’altro, di tornare al centro dell’attenzione, prendendomi un palcoscenico, e di farlo inserendomi nella scena clubbing della comunità gay di Roma. Ho cominciato dall’Alibi nel febbraio 2005, il locale simbolo di Testaccio, incastonato nel monte dei cocci, dove ho lavorato fino al 2013. Un club storico, che ha rappresentato per decenni uno dei punti di incontro privilegiati dalle persone LGBTQIA+ a Roma. L’organizzatore era Massimo Mazzotta, che è stato anche il presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. Volendo riassumere, direi che: a livello culturale il mio maestro sia stato Pasquale Totaro-Ziello; a livello artistico la mia insegnante di danza Loredana Calabrese; mentre chi mi introdotto e fatto scuola nel mondo del clubbing, ed anche della militanza, perché le due cose sono strettamente legate, è stato Massimo Mazzotta, a cui devo moltissimo. Queste tre persone li considero i miei mentori”.

Enrico Palazzo delinea con le sue parole qualcosa che non è in fondo pienamente esprimibile, contenibile, rappresentabile: la sua personalità, la sua storia, sono un concentrato di incontri, interessi, amori, tutto si condensa attorno alla sua passione politica eroica, al suo attivismo energico. Quello che affascina di Enrico è la sua forza interiore, la capacità lucida di mettersi in gioco, spendendosi anima e corpo per le cause in cui crede, ponendo in essere azioni concrete, aprendo spazi, che sono luoghi di parola da restituire a chi ha avuto poca luce.

“Data la mia passione per la moda, quando si è trattato di scegliere un nome per il mio personaggio drag, mi è sembrato logico optare per Enrico Versus. Sin dal nome mi andava di lavorare contro la prigione del binarismo: volevo che un personaggio con un nome maschile potesse presentarsi al pubblico col tacco, la gonna, il trucco, connotazioni percepite quali femminili, l’obiettivo era sfatare tanti tabù etici ed estetici. Ero un performer androgino, che rifiutava ogni forma di normazione, specialmente dal momento in cui c’era nell’aria un certo maschilismo tossico, che in passato era meno riconosciuto a parole, ma che era evidente nei fatti. Il maschile, inoltre, rispecchiava il mio modo di vivere le performance, non mi sentivo parte di un discorso pienamente dentro il travestitismo, volevo portare bellezza e armonia nel mondo, proporre nuovi modelli in chiave queer. Ricordo, tra l’altro, che mettersi in drag, mantenendo la barba era motivo di emarginazione al tempo, il trucco ed i peli erano due cose che messe insieme graffiavano, tutto è cambiato con l’emergere sulla scena mondiale di Conchita Wurst, che ha sdoganato i look con la barba”. Tacchi alti, pelle nera, look feroci, Enrico Versus è stato un performer che ha dominato la scena romana per quasi un decennio, arrivando anche a produrre un singolo: “Ho registrato un pezzo, Versus Queendom, che riassumeva un po’ il mio essere un performer col microfono in mano: mi sono sempre sentito un MC, uno speaker. Col mio singolo ho aperto il concerto di Marcella Bella al Circolo degli Artisti di Roma ed il live di Corona all’Arenile di Napoli. Inoltre, in quel periodo ho ridisegnato la copertina di Brief Encounters Reloaded di Amanda Lear e del singolo uscito da questo disco dove Amanda canta con Boy George”.

Persone ragionevoli trovano sempre compromessi ragionevoli, dove esiste la volontà di comprendersi, nel rispetto reciproco, allora si trovano punti di incontro positivi per tutte e tutti. Dentro la comunità LGBTQIA+, da più di qualche anno, è in corso un dibattito che sta producendo, lentamente, nuove forme di convivenza, i cui frutti sono una rinnovata presa di coscienza delle problematiche affrontate dalle persone che, in seno alla comunità, risultano emarginate, maltrattate, che sono purtroppo tante, per tanti motivi. Molte cose che si dicevano, facevano, scrivevano, dieci anni fa, oggi sembrano più che inopportune, sono percepite finalmente come violente, c’è ancora molto da fare e lunga sembra la strada da percorrere per arrivare a forme piene di convivenza civile, ma attivisti come Enrico, con la loro azione artistica e politica, sono da considerarsi pionieri, apripista, rispetto a tematiche che interessano tutti, perché i diritti di uno sono i diritti di tutti, le lotte per la libertà, il pieno riconoscimento, così la garanzia della possibilità di auto-determinarsi e realizzarsi come persone, riguardano tutte e tutti.
“Il mio percorso da performer si conclude a Ibiza, dove ho lavorato con Baby Marcelo, una persona con la quale ho coltivato uno scambio intellettuale che mi ha molto influenzato sui temi dell’arte pop. Marcelo è l’icona, il simbolo di Ibiza, il personaggio più popolare grazie a la Troya Assassina, dove lui era il protagonista della festa. La sua amicizia ha contato molto per la mia crescita artistica, Baby Marcelo, tra l’altro, oltre che un grandissimo performer, è anche un pittore riconosciuto, un artista eclettico. Ho fatto una stagione nel 2012 per The Face of Ibiza, una festa organizzata e diretta da Marcelo, che si faceva al Privilege, la discoteca più grande al mondo. A metà stagione alcuni problemi personali mi hanno obbligato a lasciare tutto. Quel mondo fatto di eccessi e situazioni limite ormai non mi apparteneva più, così, dopo dieci anni vissuti fuori casa, lavorando nei club, sono tornato per qualche tempo al mio paese, in Basilicata, per riprendermi, purificarmi. Ero spaventato dal mondo della notte, una creatura che può trascinare chiunque a picco, un crogiolo che sintetizza tutte le differenti anime della nostra società e che le catalizza, amplificandole a dismisura. Tornato in paese ho avuto una sorta di riconversione verso un mondo spirituale, da cui, da troppo tempo, avevo preso le distanze. Nonostante tutte le prigioni legate alle religioni, ho ritrovato una vocazione, totalmente areligiosa, verso il ricercare nelle scienze esoteriche, nel trascendentale, uno studio della natura umana. Ho vissuto un periodo di forte introspezione, nel quale mi sono auto-curato dai tanti traumi lasciatimi dall’aver vissuto la notte in maniera non schermata”.

Guardarsi dentro, riflettere, scoprirsi soli, fragili, vulnerabili, significa scoprire il fianco e offrire al mondo la propria debolezza, quando si vuole un po’ della fiducia degli altri, bisogna donare tutta la propria fiducia, così offrirsi con grazia e gratuità al mondo significa ottenere pace, serenità, armonia. La notte ha l’appetito vorace di Saturno, divora i propri figli senza remore, eppure la notte ha anche lo spirito del sabba ancestrale con cui si conclude Suspiria, una madre che restituisce spazio, sottraendo ai nostri corpi i pesi di una coscienza che a volte si fa ingombrante perché interiorizza normazioni, mentre la notte, il clubbing, il ballo nel buio, costituiscono delle linee di ricongiungimento ad una forma non mediata dell’essere umano.
“Sono tornato a Roma e, avendo ottenuto precedentemente il titolo per lavorare da truccatore, mi sono deciso a diventare make-up artist: erano però gli anni dell’austerity e si lavorava male e poco. Il make-up comunque mi faceva riavvicinare, passo dopo passo, al mondo della notte, le mie commesse più importanti venivano, infatti, da alcuni contatti coi gruppi di animazione dei club romani. Un giorno arriva una chiamata da un caro amico, Ezio Cristo, che lavorava dentro il circuito del Giam, una persona con la quale c’era sempre stata una profonda stima reciproca, al netto del nostro lavorare per feste concorrenti. Ezio mi propone di produrre con lui un evento gigantesco all’EUR, occupandomi della direzione artistica. Dal niente, dopo aver appeso i tacchi al muro, con la carriera da make-up artist che francamente non decollava, mi sono ritrovato di nuovo catapultato al centro della scena ad organizzare un party, che chiamiamo Urbe e che si è fatto nel dicembre 2013, un evento mondano gigantesco con una lista di invitati clamorosi. C’era tutto il mondo decadente della mondanità romana, la festa ha attirato a sé gli occhi di tutta la città e di tanti media nazionali. Una ripartenza col botto!”.

Di certe sensazioni, certe anime non saranno mai sazie: il palco, le luci, la musica, la carne tremula, la gente felicemente assembrata, chi ha fatto feste conosce il brivido antico che sa dare la carezza delle mura dei club, mura che lacrimano sangue, che riflettono un costante miracolo, l’orda umana che diventa orda dorata, l’invasione dei barbari che diventa fiele e che scorre selvaggia nelle vene, conferendo alla vita colore e amore.

“Sono rientrato poi nella scena cominciando a fare il door selector per il Circolo degli Illuminati, la mecca della nightlife romana per la musica elettronica. Lavoravo bene e così mi è stata data la possibilità di organizzare un mio party, che ho progettato con Ezio Cristo, Vanessa Pesolilla e Selene Gemelli. Avendo passato mesi a studiare fenomeni trascendentali e trovandomi in una discoteca chiamata il Circolo degli Illuminati, scelsi come nome della nuova festa: La Congrega. Un party dove si poteva entrare solo se vestiti total black ed in linea al tema delle serate, dove il locale era addobbato con tantissimi lumini rossi, alla porta c’era Andrea Lipstick, un personaggio storico romano, che veniva dagli anni d’oro dell’Alibi, ci ispiravamo al mondo goth, dark, al funereo, al magico, esoterico. Il party andò avanti per due anni, fu una grande fiamma, che bruciò veloce, ma il cui bagliore si vide da molto lontano. Nel giro di un anno arrivammo a Napoli, al Nylon 66, e a Milano, al PopStarz, con Congrega ho portato per la prima volta a Roma M¥SS KETA , una cosa di cui sono particolarmente fiero. La grande chiusura della festa è stata fatta ad Ex Dogana, il grande polo underground della musica elettronica italiana, terminando con un party enorme, dove avemmo come ospiti Lalla Bittch e Plastik Doll. A me interessava fare cultura e Congrega era in fondo un movimento culturale di giovani, era stata il primo salotto dove si ritrovavano, dopo tanto tempo, artisti ed intellettuali, attorno a cui giravano tanti progetti interessanti, grazie al quale si era creato un collettivo vero e proprio di creativi”.

Non è affatto facile comprendere quando sia il momento di cedere il passo, nell’ambiente del clubbing spesso si viene accecati dal successo, che a volte è sopravvalutato, ci raccontiamo percezioni estemporanee, personali, ego-riferite, come fossero verità dogmatiche e quello che resta è l’incapacità di cogliere le parabole fisiologiche dei movimenti culturali dentro cui si inseriscono le feste. Quando si lavora per tanti anni consecutivi, quello che permette di rimanere a galla è la lungimiranza, la capacità di circondarsi di persone che esprimano limpidamente opinioni, che devono contribuire a guidare molte nostre scelte, e soprattutto la forza di volontà, quella voglia di fare instancabile, che è una delle caratteristiche primarie di Enrico Palazzo.
“Chiusa Congrega, Ezio Cristo assume la direzione artistica del Giam e del Gay Village, nel frattempo, grazie alla mia festa mi ero reinventato DJ, cercando di dare voce alle mie idee musicali per il party. I DJ a Congrega originariamente erano: Charles Gold, Puertosol e Plastik Doll, loro suonavano bene, ma io volevo creare uno stile musicale nuovo che interpretasse lo spirito della festa, portando in scena tanto underground musicale, mischiato al new pop e al net-pop che veniva da YouTube e che non stava nelle classifiche, penso ad artisti come Brooke Candy, FKA Twigs, Azealia Banks, Iggy Azalea. Non ho subito lo stigma della gavetta, ma ho potuto sperimentare da DJ nel mio party, senza chiedere permesso a nessuno, mixando col mio iPad e diventando poco a poco bravo. Non conosco la tecnica standard per suonare, perché la mia tecnica me la sono inventata io e ne sono fiero. A Congrega, inoltre, ha suonato per due volte Skrillex, che ho conosciuto sul set di Zoolander 2 di Ben Stiller, dove ho lavorato come casting director per le figurazioni moda e dove ho conosciuto Franca Sozzani, storica direttrice di Vogue Italia, un incontro che mi ha segnato enormemente in positivo. Col tempo sono diventato riconoscibile come DJ, avevo abbandonato il personaggio drag di Enrico Versus, rilanciandomi come Enrico Palazzo, un DJ feroce e provocatorio, che gioca sull’immagine, lavorando con la moda, con look estremi, modaioli, eccentrici, sexy”.

Ho conosciuto da poco Enrico Palazzo ed è stato amore a prima vista, un amore fraterno fatto di una comunanza di sentimenti sull’attivismo, sulla volontà di lottare per le cause che riteniamo giuste, un affetto fondato sulla comune nostalgia per la consolle, la notte, la gente, un affetto messo spalle al muro dall’impossibilità di provare, ad oggi, a fare una festa insieme, a Palermo, a Roma, a Milano, un affetto vissuto in scambi quotidiani sullo stato dell’arte delle discoteche italiane, su come organizzeremo le nostre feste, su quali obiettivi cercare di raggiungere, ed è bello con Enrico anche scontrarsi, essere in disaccordo, perché in Enrico si trova un’interlocuzione sempre attenta e soprattutto in buona fede.

“Al Giam, da DJ, mi è stata affidata sin da subito una sala, grazie ad Ezio Cristo e Anna Chiara Marignoli, che hanno saputo darmi la spinta giusta a livello lavorativo. Il Giam per me rappresenta un grande traguardo professionale, perché è una festa storica, che si fa in un club meraviglioso, il Planet Alpheus, e perché sono riuscito a creare una situazione nella quale, in un contesto super pop, mi sono ritagliato una fetta di pubblico che adoro, che si è affezionato alla mia musica e a cui devo moltissimo. Ho da sempre un sabato al mese libero, che ho occupato lavorando a Milano, prima con Popstarz, poi spostandomi al QClub per fare un mio party. Nel frattempo, ad un evento di Magnum a Roma, ho conosciuto Jeremy Scott, con il quale è nata una stima reciproca e la voglia di lavorare insieme, il che mi ha permesso di suonare ai party di Moschino, a Cinecittà e all’Apollo Milano, ho anche aperto il concerto di Sfera Ebbasta alla Fabbrica del Vapore e ho suonato spesso negli store per gli eventi del brand, incontrando artisti come Katy Perry, ASAP Rocky, Saweetie, Aquaria, Violet Chachki e tante altre star del panorama pop mondiale. Per Violet, che considero un’amica, ho fatto da ufficio stampa assieme a Stefano Protopapa, per il suo spettacolo A lot more of me al Teatro Nuovo di Milano. Da qualche anno ho cominciato a lavorare anche come P.R. per AltaRoma, diventando poi Head P.R., un’occupazione che amo molto perché mi permette di contribuire ad un evento che porta tanto lustro ad una città come Roma, che ha fame di moda. È arrivato tutto insieme e credo sia capitato perché ho ritrovato me stesso, aprendomi al mondo. Lavorare per Moschino e per AltaRoma poi ha significato riconciliarmi anche col mio passato, coi miei studi allo IED”.

Tutte le strade portano davvero a Roma e dalla capitale Enrico ha ricostruito la sua vita nella notte e nel clubbing, edificando, pezzo dopo pezzo, un successo che gli ha permesso di arrivare a Milano da protagonista. “Il venerdì avevo preso ad occuparmi con Plastik Doll di Nite al Qclub di Milano, un nuovo format con musica trap, dancehall, hip hop, R&B, brasilian, caribbean, twerk, vogue beat e afro house, l’idea era di realizzare un party inclusivo con una linea musicale non ancora rappresentata da altre feste queer. Da cosa nasce cosa, stavamo andando forte, così c’hanno proposto il sabato e abbiamo creato Escandalo!, un nome che nasce da una suggestione offerta da Emanuel Amabilis, che lo ha ripreso dalle soap sudamericane. In consolle con me ci sono Plastik Doll, Argentina’s Babygirl e Cori Amenta, una designer e DJ fantastica! La madrina di Escandalo!, nonché il fiore all’occhiello del party, è Elenoire Ferruzzi, una vera e propria opera d’arte mobile ed una persona fantastica. Siamo andati alla grande, tanto da essere inseriti per due anni consecutivi come festa d’apertura ufficiale della Milano Fashion Week in collaborazione con Fausto Puglisi e Yezael, con ospite l’icona mondiale Amanda Lepore, inoltre abbiamo ospitato al party la sfilata di GIORGIANDREAZZA, inserita in calendario per MilanoDonna”.

Milano rappresenta in Italia un punto di arrivo per chiunque faccia feste, quel luogo a cui ambire per provare a definire nuove idee e nuovi linguaggi nel clubbing ed è da Milano che Enrico ha preso lo slancio necessario per buttarsi a capofitto in un 2019, ultimo anno pieno di vita, nel quale ha raggiunto nuovi obiettivi.

“Il 2019 è stato un anno speciale ed indimenticabile, nel quale ho suonato al MAXXI di Roma con Ema Stockholma, per Milano Pride Square e soprattutto è stato l’anno di Matera Capitale Europea della Cultura. Durante le feste invernali dell’anno prima, ritrovandomi con mia sorella Nausica ed un gruppo di amiche e amici a Senise, abbiamo riflettuto sul fatto che non si fosse mai visto in Europa che la capitale europea della cultura non avesse un suo pride, così ci siamo riproposti di agire, rivolgendoci prima al tessuto associativo locale e poi alle istituzioni, questa necessità, che sembrava inizialmente solo di un gruppetto di amici, si è rivelata pienamente condivisa dai nostri interlocutori. Così si è organizzato il primo Matera Pride, per il quale mi sono ritrovato direttore artistico, occupandomi di un calendario di eventi e manifestazioni che hanno avuto lo scopo di preparare la città al Pride, portando come madrina Elenoire Ferruzzi! Il risultato del primo pride materano è stato di circa diecimila persone, un grande successo. Grazie a questa esperienza, ho conosciuto Morena Rapolla, che per me è diventata una figura di riferimento nella politica e nell’attivismo. Una cosa di cui sono particolarmente fiero è il video-promo che ho realizzato per il Matera Pride assieme a Klaus Mondrian, con la voce di mia nonna Maria che chiude il filmato dicendo: anche i sassi lo sanno, chi si ama non si perde. Nel filmato alcune coppie consegnano dei sassi colorati alla gente di Matera, quei sassi sono i simboli delle nostre lotte consegnati alla saggezza della tradizione, una tradizione dell’accoglienza, che la Basilicata ha da sempre custodito. Questo video è stato un grande successo, che ha messo d’accordo tutti, di cui sono veramente fiero e che mi emoziona tutt’ora moltissimo”.

Dopo il 2019 si è abbattuto su tutti noi il disastro della pandemia, che ha annientato il settore spettacolo, seppure, per un periodo, abbiamo vissuto una breve estate di ritorno delle feste: “Tra luglio ed agosto 2020 sono stato ospite a Scanzano Jonico di Leona Vegas, una performer che ha raccolto l’eredità di Enrico Versus e che ritengo essere la mia erede legittima, che porta avanti un discorso queer raffinato. Trovandomi vicino alla Puglia, ho potuto suonare il venerdì al Picador di Gallipoli per Culto, un party diretto da Stefano Protopapa, dove ho suonato con nomi del calibro di Populous, Venerus e Mece Milano. E poi dal 15 di agosto si sono spenti i riflettori per tutti”.

La storia di Enrico racconta come sia possibile eludere forme di silenziamento patriarcali, imposte a livello sociale, oltrepassare sciocche normazioni e fuoriuscire finalmente dall’invisibilità. Oggi che la mareggiata pandemica si è portata via ogni passata forma di quotidianità, per impostare, nella risacca frangibile di una nuova antropologia del desiderio e degli incontri, lo stato emergenziale, straordinario, come un paradigma unico e purtroppo necessario di pensiero, oggi che abbiamo (forse) realizzato che ad una situazione eccezionale, siamo riusciti a rispondere con soluzioni penosamente ordinarie, melassa di una stanchezza sistemica, oggi che i cocci sono franati tutti, che la collina è stata rasa, oggi, che più che mai, risulta necessario non incontrarsi ma riconoscersi tutti come altri. Ed è oggi che emerge quotidianamente una violenza, che non è percepita come tale, una ferocia cieca, contro la quale l’azione instancabile di attivisti come Enrico Palazzo descrive una genealogia eroica dell’agire politico, con la forza della parola, perché parlare è fare, perché un atto linguistico fonda tante azioni politiche realissime.

Enrico Palazzo è un lavoratore instancabile della parola, dello spettacolo, della notte, una persona che lotta perché si possa ricostruire, dal disastro dell’oggi, una realtà sociale dove trovino posto tutte e tutti, in una convivenza piena. I riflettori si sono spenti, ma persone come Enrico motivano quella convinzione intima a tanti, secondo la quale non saremo mai ridotti al silenzio e, presto o tardi, torneremo a fare feste, a marciare, a vivere di abbracci, dove una massa di persone è un solo corpo.

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